Questo blog vuole essere un luogo di condivisione aperto a tutti coloro che guardano alla vita come luogo di incontro fatto di piccole e grandi emozioni, a chi ha capacità di commuoversi, gioire, soffrire, a chi si sente in cammino su percorso di crescita che porti ogni uomo e donna ad incontrare la vita.

sabato 9 febbraio 2013

L’ALBERO DELLA VITA


L’ALBERO DELLA VITA

Ciclo di 5 incontri settimanali

Gesto, consapevolezza, creatività, danza

L’albero della vita è un albero metaforico, simbolico, che indica il corpo fisico. Questo “albero” è duplice (Yin e Yang) , cioe' ha 2 funzioni, una quella di soprassedere alla Vita biologica e l’altra a quella della Conoscenza, il punto di vista spirituale messo nell’azione attraverso la mente concentrata ed attivata dalla volontà. Le polarità, le radici, la stabilità, la chioma, la leggerezza, il maschile e il femminile, la voce, il canto ed il silenzio,  il ritmo e la lentezza,la meditazione in movimento. Esplorare gli opposti per far nascere il proprio albero fisico, emozionale e spirituale, per relazionarsi alla vita.

Un percorso di crescita personale in gruppo per uno sviluppo psicocorporeo con tecniche di DanzaMovimentoTerapia e Danzare il Movimento relazionale-creativo al fine di poter accrescere, le proprie possibilità di trasformazione ed evoluzione.

Il corso è rivolto a chiunque abbia interesse, sia che si abbia esperienza di pratiche corporee sia ai principianti.

Fernando Battista, danzatore, coreografo, insegnante, DanzaMovimentoTerapeuta (Associazione Professionale Italiana Danzamovimentoterapia), Counselor espressivo ASSOCOUNSELING., docente scuole di formazione DMT-APID Trainer A.S.P.I.C., responsabile Corso di Formazione in COunseling Espressivo e Movimento Relazionale-Creativo A.D.Y.C.A.

Ogni lunedì dal 25 febbraio
dalle ore 19.30 alle ore 21.00
fino al 25 marzo

presso

Cantieri Scalzi
Via Pistoia 1/b -Roma-(M Re di Roma– Linea A)

Prenotazione obbligatoria entro il 20 marzo-posti limitati

Per informazioni e prenotazioni:
 web: www.corpisensibili.com

4 commenti:

  1. Da parte di Paola... grazie...

    1 - “PACE”

    PESI. Un groviglio di fili colorati, morbidi, alcuni annodati, tesi sul nostro destino. Essere qui. ROSSO, sono scelta, siamo il primo filo, tutto pesa sopra, questa magnifica stella. Che si muove piano e si forma a poco a poco, con gentilezza tessiamo legami. Con cura li muoviamo, attenzione al centro, che non cada e non si perda questo filo di vita.

    RADICI. Ho bisogno di scendere giù, il peso, il respiro, mi portano alla terra, mi riportano qui, non ho bisogno di niente, non devo stare in tensione, non devo muovermi, non mi turba il vento in questo profondo silenzio, non sto stretta, questo è un altro spazio, nessuno può toccarmi, ed io sono in contatto, sono in pace. E posso stare qui. Senza pesi. Senza essere vista. Eppure viva. La terra mi sostiene.

    MOVIMENTO. Scegliere di muovere tutto, anche senza grazia, tutte le parti del corpo che si attivano, svelando rigidità e dolori. Aprire e chiudere, i movimenti si ripetono, poco creativi. Il ritmo, cosi difficile da incorporare, da ripetere. A volte mi sento stonata. E nella melodia mi perdo, non sento più il ritmo. Non esisto. (solo a scriverlo ho avuto un attacco di mal di pancia, mal di schiena, apnea, respiro e penso, Sono Paola, Esisto, Esisto, Esisto e il corpo, a pezzi, si rilassa un po’).

    BAOBAB. Nel ritmo, nel tempo veloce, trovo forza e resistenza. Lo spazio è pesante da muovere, e tutti i pesi che ho intorno, addosso. Vado, entro, e sposto tutto. Questa pesantezza è fluida. Mi assale e mi sfugge. Masse d’acqua da attraversare. Io le sposto con intenzione e furore, VUM, FVUM, FVUUUMM, FFVVUUUUMMM. Arriva qui, lo Stop di Fernando. In questa fatica di spostare il mondo, il tempo, per esserci, vivere, respirare. Per andare.
    Affanno. Così forte, così solida, il corpo, il tronco i piedi la corteccia di mille anni di un baobab.
    Nessuno può entrare.

    Attraversarmi.
    Prendermi.
    Ho avuto tanta paura.
    E sono rimasta qui
    Senza potermi muovere.

    Il braccio è troppo distante
    devo ritirarlo
    la sua spalla mi fa male.
    Devo avvicinare tutto.
    “attaccata a me”
    Lo spazio è troppo vuoto
    e troppo pesante.
    Anche una piccola mano
    PESA.

    Sto qui, abbracciata a me,
    mi sento solida,
    perenne.
    Mi sento sola
    intorno lo spazio
    deserto e immenso.

    Dio, qualcuno arriverà
    a suonare il suo tama
    alla mia ombra?

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  2. 2- “OLIO”
    Movimento denso.
    Unguento.
    Tutto mi fa male, tutte le parti, sento il peso, sento la scomodità, il corpo che ingombra, eppure dentro il vuoto a volte rimbomba.
    La fatica di usare i piedi e gattonare quatta.
    Non posso guardarmi intorno vedo gli altri giocare. Io affanno.
    Che bello lasciarmi alla terra, posso riposare e respirare, nessuno mi sta guardando.
    Perché sono così vigile allora? Respiro con tutta la mia volontà per lasciare un po’ il peso.
    Solo dopo gli Archi ci riesco, e sento il corpo, alcune parti, un po’ più ‘ormeggiate’ alla terra, un po’ più ‘orme’.
    Solo la spalla sinistra veramente, eppure è così diverso prima, il respiro più profondo, il contatto più denso, io più vicina a me. Nel peso della spalla, le nocche di una mano, un tallone.
    Respiro.
    I piedi, tutti caldi, tutti interi, ben poggiati nella terra.
    Respiro e spingo
    Respiro e spingo
    Più lentamente
    Più profondamente
    Respiro, e spingo, e vado…
    Vado.
    La lunga onda del mio respiro
    è un letto sacro, e un mare antico
    spesso di olio e di luce.
    Respiro più densa,
    più lenta, e spingo,
    scivolando nella terra piena,
    acqua
    così morbida e solida
    scorrendo veloce e sinuosa
    muovo la mia danza.

    Sono fuoco liquido nel cuore della terra
    onda lenta nel profondo respiro del mare
    Mi portano mille vestali
    E l’energia che mi muove,
    più grande e forte, più PIENA,
    della sua spinta mi trascina.

    Fluttuo.
    Rivelata da un’onda di luce
    Nelle pieghe del silenzio
    del letto sangue e oro
    Danzo le bianche onde
    del mio abito nuziale
    Ferito e vitale
    si muove nel tempo
    il mio respiro
    ancestrale,

    VITALE, è la parola che non ho detto.
    Come è per me, bello sì, è importante, la paura di saperlo,
    quel movimento, quel fluttuare,
    ora veloce ora lento, sempre denso eppure lieve,
    quel danzare incorporata alla terra
    sollevata in un letto di luce,
    avvolta in una tunica oro
    protetta come fosse olio
    e curata
    quel respiro profondo e lento
    è vitale.

    Attaccata a me
    mi nutro delle profondità e della luce
    Contatto il dolore
    e la terra di sangue
    Scivolo sull’olio che cura le ferite
    E vado.
    Respirando.

    E sto attaccata a me
    ascolto il respiro che mi muove
    spingendo i piedi.
    Come un’onda
    linfa vitale
    danzo nel mare.

    Sono fuoco e silenzio
    Radici spostate dal vento

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  3. Sono arrivata al cerchio di lunedì con l'immagine e, soprattutto, la sensazione di un tronco sulla nuca, alternato alla sensazione di sostegno e apertura che mi ero portata dall'incontro precedente. Associavo il tronco sulla nuca all'ansia per una decisione da prendere. Come aveva saggiamente anticipato Fernando, il lavoro che abbiamo fatto sembrava fatto apposta (come spesso accade) per la mia situazione.
    Si tratta proprio di vicinanza e lontananza, di separazione e di unione.

    Il lavoro sulla distanza fatto con Maria Chiara è stato sin dall'inizio intenso. Quando ho cominciato a farla allontanare sono affiorate le lacrime. Quando ho provato a farla allontanare velocemente ho avuto paura che scomparisse e l'ho fermata. Ho sentito un grande dolore, come se fosse scomparsa (su di lei subito ho proiettato l'immagine di mia figlia, che mi avvio a smettere di allattare).
    Ho capito che posso "separarmi" un po', ma con i miei tempi (e quelli di mia figlia Sara). Tornando a casa, ho avuto un'idea sui tempi in cui attuare il "distacco". Una soluzione pratica, forse non definitiva.

    La seconda parte del lavoro con Maria Chiara (quello con il contatto dei palmi delle mani) è stata molto difficile. Sentivo la sua forte presenza e il suo radicamento e lo invidiavo, era come quella linfa di cui aveva parlato che le dava la forza nelle braccia senza nessuna apparente fatica. Io mi sono sentita improvvisamente piccola e sopraffatta, senza forza nelle braccia, che annaspavo senza meta e senza direzione. Una specie di disperazione mi ha preso e una voce mi diceva "SEI DEBOLE!" e io mi ripetevo "SONO DEBOLE, è inutile continuare a stare, meglio lasciar perdere" . Non ho lasciato perdere, ma sono riuscita a stare con la disperazione di essere debole e impotente e di resistere (ero bambina e ora su Maria Chiara proiettavo mia madre).
    [Maria Chiara ad un certo punto mi ha detto "senti la pancia", un consiglio davvero prezioso, che in teoria so, ma lo dimentico spesso (Grazie!)]

    Il lavoro in quattro è stato invece "riparativo": pensavo di dover faticare chissà quanto per far crescere i miei rami, invece - sorpresa - è stato facile. Alla fine mi sono trovata con due rami, uno di Karine sul collo e uno di Maria Chiara sulla testa, ma non pesavano, anzi, uno mi sosteneva. E poi Viviana parlava di affermarsi senza prevaricare, Karine di armonia e Maria Chiara avrebbe voluto più pressione per sentirsi.

    Mi sono portata via la "difficoltà", perchè l'ho contattata finalmente e me la voglio tenere un po' per guardarla bene, voglio accettare la mia DEBOLEZZA per poter, forse, lasciarla andare. Chissà.
    Grazie a tutto il cerchio

    Simona

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  4. Grazie Paola,
    Grazie Simona
    per la condivisione,l'emozione reglata: travolgente, onda vitale avvolgente, che blocca il respiro per la sua forza, la sua energia vitale

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